Archivio per agosto 2009

Utopia

Na cumunità
chi travagghia duru
e campa e crisci in paci.

Un jardinu
di culuri e musica
in armunia cu la Natura.

Un munnu
di libiri e paraggi
senza odiu né frunteri.

Vaju puntannu l’isula
unni ammurraru li sonni
di la me picciuttanza:

voi fari vela cu mia?

Una comunità / che lavora duro / e vive e cresce in pace. /
Un giardino / di colori e musica / in armonia con la Natura. /
Un mondo / di uomini liberi e eguali / senza odio né frontiere. /
Vado puntando l’isola / dove si sono arenati i sogni / della mia gioventù: /
vuoi fare vela con me?

Marco Scalabrino

Pubblicato agosto 19, 2009 da allombradellaluna in poesia

Mare verticale

di Fabrizio Falconi

Incanta l’onda, irretisce
gli sguardi prima che il sole
declini
a Occidente, rosso come sipario:
mare
mosso e mai stanco
mare madre e mare vulcano
mano di Dio, e Dio nella mano.

 

Lontananze, madre,
ne ho attraversate,
e teneri addii, pallidi
arrivederci,
mesti ritorni,
perdite, mancanze,
ironiche attese
sparsi giorni tinti di ricordi,
mancavano i tuoi,
mancano anche oggi
quel che eri, quel che sei
il nastro di organza,
il ditale, la spilla. 

Pubblicato agosto 19, 2009 da allombradellaluna in poesia

Viedellapovertà2

Forse non sono mai stato abbastanza intelligente, pazienza, bisogna farsene una ragione. E’ una di quelle cose a cui si preferisce non pensare, sperando di cavarsela, in qualche modo. Facevo fatica a concentrarmi, a capire al volo; gli insegnanti rispiegavano per me, e questo non mi faceva piacere, così come le sbuffate, le occhiate e le risatine dei compagni. Tolte storia e religione, ero un po’ una frana ovunque. Ma la storia mi faceva sognare, e dimenticare le cose spiacevoli: i rimproveri, le prese in giro, l’essere ultimo in tutto. Così, non amando il presente e non sognando un futuro, pensavo al passato, al mio, e a quello cento, mille anni fa; a come la gente vestiva, parlava. Mi sarebbe piaciuto vedere il mondo senza macchine, senza tivù e telefoni, con tanta gente in meno. Della religione, quella cristiana, mi colpivano le parole potenti e dure, che scuotevano; ma ce n’erano alcune, “poveri”, “umili” e “puri di cuore”, che sentivo speciali e rivolte a me, proprio a me; mi davano serenità e fiducia quelle parole, forse perché non bisognava faticare per essere così, non c’era niente da imparare, niente da dimostrare. “Le persone così piacciono a Gesù” mi ripetevano al catechismo e a scuola, e io ero contento di sentirmi in quel modo.

Pubblicato agosto 18, 2009 da allombradellaluna in racconti

Viedellapovertà 1

Sono però sereno, e grato di essere vivo e con le cose essenziali; grato, soprattutto, agli amici e ai parenti, per gli aiuti inaspettati e salvifici (ancora per quanto?). Ogni considerazione e lamentela personale si ferma qui, pensando ai molti, moltissimi che stanno peggio; a tutti coloro che non hanno proprio nulla, né un lavoro né una casa disperando per l’uno e per l’altra; ai tanti giovani con qualità e competenze da poter ricoprire, degnamente, qualunque incarico pubblico o privato, quanto e più di chi attualmente lavora. Tacere ed arrangiarsi, allora, come molti fanno, ripetendosi di continuo che la povertà è ben altro, che si tratta soltanto di un periodo difficile per te e per tutti, che poi passa, che l’importante è conservare un lavoro, specie se garantito, di questi tempi? Le cadute e le ossa rotte restano, però, cadute ed ossa rotte, sulla strada della vita, e piuttosto che tacere, per pudore o inopportunità, prima di parlare di fatalità o di inavvedutezza, sarebbe giusto che chi di dovere inizi seriamente a riparare buche e fossi lungo tutte le strade affinché nessuno possa più caderci, restando in terra, magari, senza potersi più risollevare.

Pubblicato agosto 18, 2009 da allombradellaluna in racconti

L’impresa dei Mille

Faranno un monumento alla pazienza
dei testicoli strappati agli italiani.
Nel cuore della capitale,
in Piazza del popolo.
Sarà attrazione per turisti
e per i posteri il dono di quell’oro
per la patria. Non lamentatevi.
Mai. C’è di peggio: la fame, la morte…
Non s’accordano due, che s’amano
figuriamoci mille, estranei.
Tenete dunque stretto ciò che avete.
Arrangiatevi. Tutto è consentito
a patto di non farvi scoprire.
Sapete – no? – com’è complesso il mondo.
Per questo ci sta la politica…
Chi è in gamba, vive e lascia vivere.
“Il somaro” diceva il contadino
“mangia la paglia, il furbo beve il vino”.
Siamo coloro che anche voi sareste,
al nostro posto. Perché
tanti discorsi di principio?
Non riuscirete mai a contenerci.
Sarete qui a votarci nuovamente
o a strisciare, per imitarci…

…E’ ripartita la giostra dei nomi
intorno a simboli e poli.
Canteranno le casse dei partiti.
E gongolano e fremono i potenti
pronti ad infilarsi e a manovrare
suoi nuovi cavalli di Troia.
Squalo mangia squalo ma
si rigenera il branco.
Non sarò più azionista
di un’impresa fallita in partenza.
Può un gesto di fede per anni
finire in un’urna di cenere?
Faccio voto di vendere caro
il mio voto e la pelle.
E col pollice verso
mi schiarisco la voce e voi amici
fate ciò che credete.

Pubblicato agosto 17, 2009 da allombradellaluna in poesia

Paul Celan ha guadato la Senna

I fragori capitolini sono
come il colpo di tosse
di una febbre bambina:
lontani.
Anche lei, il fiocco di feltro
del mio ultimo anno,
il Ponentino l’ha sciolto,
dal sonno senza rumori,
dalla lenza dell’inesperienza,
o dal crocco tirato nel lago
e ripescato come fede d’argento.

Sono stato in piedi in stazione,
ho visto vacanze partire,
portate via a chissà chi,
occhiali da sole e forse,
sotto, qualche persona.
Nelle partenze siamo sempre sinceri.

Il vento è più freddo,
sfrangia il passato
e tossisco ricordi,
ma vento o canicola
non saranno che bruma,
sgualcita e impotente,
se basterà un mughetto
colto dalla fantasia
a far ridere di tutto.

Paul Celan ha guadato la Senna.

Pubblicato agosto 17, 2009 da allombradellaluna in poesia

Corpus Mechanicum

di Fabrizio Corselli

Di un corpo meccanico prende forma il seme

mentre erode come friabile roccia la dura scorza;

Affiorano, possenti, le fitte radici dal terreno fertile

ove inala un crine il dendritico nervo,

così generando da quel florido embrione sintetici frutti.

 

Del suo sangue ferroso sento il clangore

spargersi nell’aria, come arma arrugginita

in quegl’ossidati campi di organica fattura,

dove ogni automa ricerca la propria metamorfosi.

Cadono come rottami, le croste di ruggine

dalla mia pelle, ed acquieta di quel logoro rigetto,

i cinici antiquari,

e ancora montano e smontano i propri pensieri

come oleati ingranaggi mentre disgregano

del mio senno, le inflessibili molle.

La mente s’illumina …e tutto si fa materia!

Allorché consunte le batterie dall’acido

di quegl’artificiali intelletti ne corrodono le vene

e liberano di ogni guscio la propria anima.

Altri fluidi corpi,

adesso cadono giù in quel cimitero di macchine

come chiazze marroni di diluito colore sul bagnato,

intrappolati in un liquido amniotico

che ancora alimenta della loro genìa i recisi cordoni,

finché sospesi, rimangono di quelle cianfrusaglie

solo i frammenti come corpi in attesa,

contemplando della loro caduta il passare del tempo.

Pubblicato agosto 15, 2009 da allombradellaluna in poesia

Anna lamberti Bocconi: poesia

Io vado con il blues delle filacce
che il macellaio toglie dalla carne
sono i miei talismani nella tasca
portafortuna stopposi di bianco

l’anima mia va giù come un cavallo
quando si azzoppa i garretti su un fiume
sia la pietraia del torrente Torre
sia l’alzaia e la ripa del Naviglio

ecco i miei fiumi della prima guerra
come Ungaretti con il basco nero
vedo scolpite sotto la memoria
delle figure a ulcera nel sasso

la vita me la salvano le bestie
l’oro ed i nervi affioranti da terra
il sogno, il buio, il soprassalto, il tedio
le rughe che si formano sul collo.

Ora il congedo, amici. Io vi saluto.
E il macellaio, e il cavallo, e Ungaretti,
e sassi, e pietre, e bestie, e sogno, e nervi,
ed oro, e buio, e talismani, e stoppa,

ho visto tutto ed ora me ne vado:
e rughe, e blues, e carne, e le figure,
e la memoria, e il basco, e la salvezza,
e i garretti, ed il tedio, e la fortuna!

 

Pubblicato agosto 15, 2009 da allombradellaluna in poesia

La lingua deserta

quando è fibra
animale pronunciato
deve essere già accaduto
che sia stata sepolta
in luogo materno
che abbia taciuto arsa
di non sapere lingua
culmine mancante,
libertà

Viviana Scarinci

Pubblicato agosto 9, 2009 da allombradellaluna in poesia

Il cielo coperto da un tendone

E’ una sensazione insuperabile: voli da un estremo all’altro senza nessuna protezione, con gli occhi chiusi, perché conosci esattamente il punto in cui ti trovi. Avverti il silenzio sospeso, gli sguardi fissi su di te, lo spasmo dell’attesa, il desiderio di spingere le mani con la mente, le tue mani che cercano l’altro, in una stretta che significa la vita.

Fabrizio Centofanti

Pubblicato agosto 9, 2009 da allombradellaluna in racconti