di Fabrizio Corselli
Di un corpo meccanico prende forma il seme
mentre erode come friabile roccia la dura scorza;
Affiorano, possenti, le fitte radici dal terreno fertile
ove inala un crine il dendritico nervo,
così generando da quel florido embrione sintetici frutti.
Del suo sangue ferroso sento il clangore
spargersi nell’aria, come arma arrugginita
in quegl’ossidati campi di organica fattura,
dove ogni automa ricerca la propria metamorfosi.
Cadono come rottami, le croste di ruggine
dalla mia pelle, ed acquieta di quel logoro rigetto,
i cinici antiquari,
e ancora montano e smontano i propri pensieri
come oleati ingranaggi mentre disgregano
del mio senno, le inflessibili molle.
La mente s’illumina …e tutto si fa materia!
Allorché consunte le batterie dall’acido
di quegl’artificiali intelletti ne corrodono le vene
e liberano di ogni guscio la propria anima.
Altri fluidi corpi,
adesso cadono giù in quel cimitero di macchine
come chiazze marroni di diluito colore sul bagnato,
intrappolati in un liquido amniotico
che ancora alimenta della loro genìa i recisi cordoni,
finché sospesi, rimangono di quelle cianfrusaglie
solo i frammenti come corpi in attesa,
contemplando della loro caduta il passare del tempo.